A piedi in Terra Dacica lungo la Via Transilvanica da Cugir a Sarmizegetusa Regia

La Terra Dacica è un segmento della Via Transilvanica, un lungo cammino di 1400 chilometri che attraversa la Romania dalla Bucovina al confine con la Serbia. L’anno scorso vi avevamo raccontato la nostra esperienza in Bucovina da Putna a Poiana Negri, talmente entusiasmante da spingerci quest’anno a tornare in Romania per percorrere un altro segmento della Via e conoscere alcuni dei luoghi narrati in bassorilievo sulla Colonna Traiana. Abbiamo scelto parte del segmento dacico, da Cugir a Sarmizegetusa Ulpia Traiana, sei giorni di cammino per un totale di 115 chilometri, ai quali abbiamo aggiunto una visita di Cluj Napoca, dove abbiamo concluso la nostra esperienza che vi accingiamo a raccontarvi in due post, nel caso in cui foste interessati a ripeterla o semplicemente perché volete sapere qualcosa di questi luoghi. In questo primo post vi raccontiamo i primi quattro giorni da Cugir a Sarmizegetusa Regia.

I timbri per le credenziali del cammino rilasciati presso gli alloggi indicati nella Guida ufficiale del cammino
I timbri per le credenziali del cammino rilasciati presso gli alloggi indicati nella Guida ufficiale del cammino

Primo giorno: Arrivo a Cluj Napoca, trasferimento a Cugir

Partiamo in quattro, una squadra collaudata negli anni. Pur venendo da Roma, abbiamo raggiunto l’aeroporto di Napoli Capodichino dal quale partiva il volo più conveniente in termini di orario e prezzo. Dopo un tranquillo volo di poco meno di due ore siamo atterrati all’aeroporto di Cluj Napoca, in Transilvania. All’uscita, abbiamo trovato un taxi che per 140 euro (un euro a chilometro) ci ha portato a Cugir, luogo d’inizio del nostro cammino.

Abbiamo alloggiato all’Hotel President  President, una specie di motel all’inizio del paese, nei pressi di una stazione di servizio e di un supermercato. Ci ha accolto Vetuza, una simpatica signora che non spiccica una parola d’inglese, ma con la quale siamo comunque riusciti a comprenderci. Dopo averci mostrato le camere, ci ha consigliato di cenare da Eleganz, un locale nelle vicinanze gestito da un ragazzo rumeno che ha lavorato per molti anni in Germania, Siamo gli unici clienti, è ormai piuttosto tardi, ma pare che nell’arco della giornata il locale allestisca almeno cento coperti per avventori di passaggio.

Arrivo all'aeroporto di Cluj Napoca e incontro con Vetuza [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Arrivo all’aeroporto di Cluj Napoca e incontro con Vetuza [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]

Secondo giorno: da Cugir a Ciungu Mare (circa 16 km)

Ci mettiamo in cammino verso le 9, prima sosta al supermercato per assicurarci il pranzo al sacco, seconda sosta in paese per una rapida colazione. Per pagare siamo costretti ad acquistare moneta locale (il lei) presso un cambiavalute. Saranno diversi gli esercenti che non accettano euro o non dispongono di carta di credito, quindi è bene premunirsi anche perché non troveremo né sportelli bancomat né cambiavalute fino alla fine del nostro percorso.

Cugir, pur se piccola, è una cittadina di provincia piacevole, pulita e ordinata, con una vasta area pedonale, una chiesa ortodossa e un ampio mercato dove sostiamo per qualche rapido acquisto.

Acquisti a Cugir in vista del cammino [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Acquisti a Cugir in vista del cammino [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Verso le 10 finalmente ci mettiamo in marcia (è un po’ tardi, nei giorni successivi saremo più disciplinati). Come in Bucovina, anche qui il cammino è ben segnalato dall’onnipresente T cerchiata in arancione e dai cippi scolpiti infissi lungo il tracciato a ogni chilometro. 

All’uscita del paese saliamo su una collinetta sulla cui cima svetta una croce, Qui sorse un insediamento dacico fortificato, forse l’antica Singidava, con un ruolo politico, economico e amministrativo di rilievo in epoca preromana. È probabile che durante le guerre daco-romane, l’insediamento collinare sia stato distrutto dalle legioni traianee e i suoi abitanti costretti a trasferirsi là dove oggi sorge l’abitato moderno.

La collina con la croce forse un tempo ospitava l'insediamento dacico di Singidava [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
La collina con la croce forse un tempo ospitava l’insediamento dacico di Singidava [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Proseguiamo il cammino attraversando una vasta prateria fino ad arrivare a una strada asfaltata che dopo qualche chilometro conduce al paesino di Romoșel. Inizia a far caldo, ci dissetiamo con prugne gialle, rosse e viola raccolte dagli alberi che lambiscono la strada, ma giunti alle prime case chiediamo di poter riempire le borracce con acqua fresca a una coppia che abita in una graziosa villetta. Facciamo i complimenti alla signora Ileana e al marito per il curatissimo giardino fiorito.

Verso Ciungu Mare [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Verso Ciungu Mare [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Ci attende una salita di sei chilometri che si snoda tra aceri, querce e faggi, talvolta sotto un sole ormai cocente. A differenza dello scorso anno in Bucovina, quando era stato piuttosto facile fruire di un servizio di trasporto bagagli a pagamento, quest’anno siamo stati costretti per cinque delle sei tappe a portare lo zaino sulle spalle. Quando fa caldo, non è  assolutamente uno scherzo.

Dopo aver costeggiato colline coltivate e aziende agricole con tanto di area cimiteriale al loro interno, incontriamo quasi al termine della tappa una fonte presso cui ci rinfreschiamo. 

Verso Ciungu Mare [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Verso Ciungu Mare [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Pensavamo di giungere in un villaggio e invece Ciungu Mare è poco meno di un vocabolo, con pochissime case. Il nostro alloggio è presso una famiglia che gestisce un piccolo allevamento con una ventina di mucche, qualche maiale, pollame, e produce anche latte e formaggio. Ci viene incontro Nicole, una ragazzina di tredici anni, bravissima a smanettare con lo smartphone e a interfacciarsi con noi tramite il traduttore automatico. Bellissimo il loro timbro della via Transilvanica con il formaggio fresco sgocciolato che orgogliosamente ci  mostrano in uno dei depositi.  

Ciungu Mare [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Ciungu Mare [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
La cena è a base di minestra (ciorbă) con spaghettini, gustoso purè di patate, cetrioli, pollo fritto e naturalmente pálinka (il tradizionale distillato rumeno ottenuto da diversi tipi di frutta), inutile sottolinearlo, tutto a chilometro zero.

Terzo giorno: da Ciungu Mare a Măgureni (circa 17 km)

Dopo una notte tranquilla e molto silenziosa, facciamo colazione alle 8 a base di caffè, latte vaccino munto dalla famiglia, marmellata casereccia, formaggio. Finalmente ci mettiamo in marcia nel bosco, tra faggi e abeti. A differenza del giorno precedente, ci attende una lunga discesa fino al fiume Sibișel, che costeggeremo fino alla fine dalla tappa e presso il quale sosteremo più volte per rinfrescarci. Nel corso della giornata non sono mancati gli incontri: un pescatore che risaliva il fiume con gli alti stivaloni in cerca di trote, una ragazza rumena che da metà maggio ha iniziato a percorrere la Via Transilvanica fin dal primo segmento, un’inglese e un olandese che stanno percorrendo alcune tappe in senso inverso e ci comunicano il loro entusiasmo per le coloratissime farfalle incontrate lungo il percorso.

Verso Măgureni [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Verso Măgureni [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
A metà pomeriggio, dopo un’ultima inaspettata ripida ma breve salita, giungiamo finalmente a Măgureni, presso Casa Tamba, una graziosa baita di montagna gestita dal gentilissimo Aurelian, rumeno, che d’estate ospita i camminatori nella casa che fu dei genitori. Siamo nella contea Hunedoara, nei monti Sureanu, intorno ai 1300 metri s.l.m. Il paesaggio è incantevole.

Măgureni: Casa Tamba [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Măgureni: Casa Tamba [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Da un lato, in lontananza si vede il cocuzzolo del Monte Godeanu (1659 m s.l.m.), dall’altro lato un viottolo conduce al Măgureni Hermitage, che naturalmente visitiamo. Un tempo qui esisteva un piccolo villaggio isolato tra le foreste, spesso frequentato da pastori. Nei primi anni Duemila, l’insediamento era completamente disabitato, ma nonostante non avesse mai avuto una chiesa, nel 2007 si decise di costruirne una piccolina in legno. Come ogni chiesa ortodossa, è naturalmente ricchissima di icone e fiancheggiata all’esterno da una struttura che ospita le campane per richiamare ai servizi liturgici. Mentre ci aggiriamo nell’eremo, incontriamo una giovane monaca che vive in questo monastero da dodici anni.

Măgureni Hermitage [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Măgureni Hermitage [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Ceniamo in compagnia di Juja (chissà come realmente si scrive il suo nome), la giovane rumena che avevamo incontrato lungo il fiume: vive a Budapest, fa l’architetto paesaggista, ha deciso di conoscere il suo paese natale camminando, prima di intraprendere una nuova esperienza professionale. Alla baita facciamo anche la conoscenza di Erik, un ricercatore di fisica, tedesco, anche lui sta percorrendo tutto il cammino, si è dato due mesi di tempo per percorrere i 1400 chilometri. Dopo cena, qualcuno di noi, fa due passi all’esterno, alla ricerca di stelle cadenti nel buio della notte silenziosa.

Quarto giorno: da Măgureni a Sarmizegetusa Regia e Papasul Dacilor (circa 23 km)

La mattina successiva lasciamo a malincuore la baita di Aurelian, col senno di poi saremmo potuti rimanere un giorno in più per andare a esplorare il monte Godeau, sacro ai Daci, dove dimorava il dio Zalmoxis

Le foreste della Transilvania [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Le foreste della Transilvania [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Riscendiamo a valle e proseguiamo in un lungo saliscendi nella foresta, più o meno fitta, ma sempre diversa, camminando tra gli abeti, i faggi, le betulle, le felci, costeggiando allevamenti di api e districandoci tra pozzanghere causate dal trasporto dei tronchi. Ci accompagnano i cippi scolpiti della Via Transilvanica, sempre diversi, ma sempre lì a rassicurarci che siamo sulla via giusta. Alcuni hanno iconografie bellissime, con fossili, piante, animali.

I cippi della Via Transilvanica [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
I cippi della Via Transilvanica [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Ed ecco infine il cartello che indica che mancano solo ottocento metri a Sarmizegetusa Regia, patrimonio mondiale UNESCO assieme ad altre sei fortezze daciche sparse nel territorio, fulcro del sistema difensivo di Decebalo. Imbocchiamo la salita, ci fermiamo alla biglietteria e poi ci riposiamo un po’ prima di immergerci nella visita di uno dei luoghi più straordinari di tutto il viaggio, quella che fu la capitale dei Daci prima che Traiano la distruggesse nel 106 d.C. con il suo esercito.

L’area archeologica visitabile è limitata, ma la città doveva essere molto grande, con una fitto insediamento abitativo sulla collina, una fortezza sulla cima e un’ampia area sacra, di cui sopravvivono ancora alcuni resti leggibili.

Alcuni operai, guidati da un archeologo, stanno restaurando un tratto di mura in blocchi di calcare, erette con un metodo di costruzione noto come il murus dacicus, ovvero costituito da due muri a secco realizzati con blocchi parallelepipedi, il cui spazio vuoto venutosi a creare nel mezzo veniva compattato con un conglomerato di pietre e argilla. Immaginate inoltre che orizzontalmente le due strutture murarie venivano ulteriormente stabilizzate con travature lignee incastrate in canali rastremati ricavati nei blocchi. Purtroppo di esse non rimane più nulla.

Sarmizegetusa Regia: scavi archeologici lungo un tratto di muro difensivo [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Sarmizegetusa Regia: scavi archeologici lungo un tratto di muro difensivo [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Ma chi avremmo potuto incontrare a Sarmizegetusa Regia? I due grandi sovrani legati alla cultura dacica sono Burebista e Decebalo. Il primo regnò tra il 70 e il 44 a.C.; la sua figura è avvolta nella leggenda, anche se si sa con certezza che unificò le tribù daciche tra il medio corso del Danubio e i Balcani, dando vita a una fiorente civiltà che costituì una minaccia per i Romani, giunti all’epoca fino in Macedonia. Burebista si intromise persino nella guerra civile tra Cesare e Pompeo, alleandosi con quest’ultimo e, a seguito della sconfitta pompeiana, scampò alla vendetta di Cesare solo perché il dittatore venne assassinato. 

Alla morte di Burebista, il regno dacico si frantumò in cinque diversi stati venendo in seguito riunificato dallo zio di Decebalo, Diurpaneo, che elesse la sua capitale proprio qui a Sarmizegetusa Regia. A questo re si deve anche l’organizzazione di una potente armata dacica che nell’85 d.C. mise a dura prova le legioni romane in Mesia e sconfisse le armate di Domiziano, sconfinato per la prima volta fino in Dacia. 

Il successore di Diurpaneo fu il nipote, il celebre e astuto Decebalo, abilissimo nell’organizzare imboscate, immortalato più volte nei rilievi della Colonna Traiana a Roma e sconfitto dall’imperatore Traiano nel corso delle due guerre daciche (101-102 d.C. e 105-106 d.C.). Dopo la prima vittoria l’imperatore romano impose condizioni durissime ai Daci e a seguito della loro ribellione, distrusse tutte le loro città costringendo Decebalo al suicidio per non cadere in mano nemica. 

Costeggiamo i resti di una vecchia strada in blocchi di arenaria che metteva in comunicazione la cittadella con l’area sacra. 

Sarmizegetusa Regia: un tratto della strada che dalla cittadella conduceva all'area sacra [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Sarmizegetusa Regia: un tratto della strada che dalla cittadella conduceva all’area sacra [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Ci troviamo al di sopra di un terrazzamento sul quale si stagliano numerosi resti dell’antica area sacra. Al centro un faggio centenario sembra avvisarci che ci troviamo in un luogo particolare, da rispettare. Ci sediamo sull’erba per ammirare il paesaggio con uno sguardo d’insieme dall’alto, ma un custode ci richiama e ci invita a utilizzare delle panchine che circondano lo scavo. Ci spostiamo di pochi metri, osserviamo l’area e ci rendiamo conto di trovarci in un posto molto particolare, immerso nel silenzio ma intriso di energia. 

Sarmizegetusa Regia: l'area sacra [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Sarmizegetusa Regia: l’area sacra [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Dei templi che un tempo costellavano l’area restano solo gigantesche basi circolari in andesite e cippi di diverse dimensioni in pietra o legno. Dopo un po’ iniziamo ad aggirarci tra i ruderi, leggendo i pannelli esplicativi con le ricostruzioni di un grande tempio circolare a copertura conica, un grande tempio di calcare con copertura a doppio spiovente e scalinata laterale di accesso, altri templi a pianta circolare o quadrangolare. Facciamo uno sforzo di immaginazione, ma è molto difficile “vedere” ciò che non c’è più. Dopo aver distrutto la città, nel 106 d.C., i Romani demolirono i monumenti per riutilizzare i materiali nelle nuove aree abitative e fortificate.

Sarmizegetusa Regia: l'area sacra [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Sarmizegetusa Regia: l’area sacra [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Ma chi erano gli dei daci? Quali cerimonie e rituali si svolgevano in quest’area sacra così particolare? Si ritiene che i Daci avessero una religione politeista, forse con una triade dominante. Le fonti non aiutano – non esistono fonti scritte – e le ricerche scientifiche non hanno ancora risposto esaurientemente a queste domande. Le uniche fonti attendibili sono contenute nella Storia romana di Cassio Dione e nei rilievi della Colonna Traiana. 

Un grande disco in andesite è forse il manufatto più straordinario della capitale dacica. Doveva essere un altare per i sacrifici. Lo osserviamo con attenzione. Su una grande base costituita da blocchi di calcare, un piccolo disco centrale è circondato da dieci raggi di circa 36° ciascuno, sul cui orlo si conservano delle cavità rettangolari che dovevano ospitare blocchetti di marmo. I liquidi prodotti durante i sacrifici dovevano scivolare sulla superficie dell’altare per poi scorrere convogliati in un canale connesso a una fogna che attraversava l’area sacra. Non basta, lungo uno dei lati, il grande cerchio ha una lunga coda, costituita da sedici blocchi  orientati nord-sud. A cosa serviva? C’è chi ipotizza una funzione astronomica, forse legata ai solstizi e al calendario, o un culto solare. Pensate che sino a non molto tempo fa le autorità consentivano a gruppi di turisti appassionati di esoterismo di sostare nella notte del solstizio d’estate tra le rovine dei templi.

Sarmizegetusa Regia: il grande disco in andesite [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Sarmizegetusa Regia: il grande disco in andesite [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
La città doveva essere grandissima, è stato calcolato che solo il 5% di essa sia stata scavata. Oltre ai turisti, soprattutto nell’ultimo decennio del secolo scorso, è stata esplorata da espertissimi “cacciatori di tesori” che hanno immesso nel mercato clandestino bracciali di oro massiccio e altri meravigliosi manufatti in oro, argento, bronzo e ferro, solo in parte recuperati, visibili al Museo di Bucarest o in qualche mostra, testimonianza che i Daci, conosciuti tra i greci anche come geți, erano un popolo molto evoluto che, secondo Platone, credeva che la morte fosse un viaggio che consentiva di ricongiungersi al dio Zalmoxis e raggiungere l’immortalità dell’anima.

Lasciamo il sito a malincuore, ma dobbiamo percorrere ancora cinque chilometri lungo una strada asfaltata per raggiungere Grădiștea de Munte, dove alloggiamo comodamente per una notte.  A meno di cento metri, dall’altro lato della strada, raggiungiamo una locanda per un meritato aperitivo e un’ottima cena a base di trota e lava cake. 

Per il racconto delle tre tappe successive, potete leggere l’articolo A piedi in Terra Dacica lungo la Via Transilvanica da Perla Dacilor a Sarmizegetusa Ulpia Traiana.

[Maria Teresa Natale]

Informazioni utili:

  • Alloggio a Ciungu Mare (con cena e colazione): Fam. Nicusor Uritoiu (+40765173289, contattabili via Whatsapp).
  • Alloggio a Măgureni (con cena e colazione): Casa Tamba (+40755969901, contattabili via Whatsapp).
  • Alloggio a Grădiștea de Munte (solo alloggio): Casuta din Valea Regilor (+40726506608, contattabili via Whatsapp, cena e colazione presso la locanda a cento metri dall’alloggio).

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